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 L'impianto elettrico: concetti base (5 febbraio 2012). Minimize

 

L'impianto elettrico: concetti base.

L'impianto elettrico dell'aeroplano deve essere progettato in funzione delle utenze che vi saranno installate. Una volta in volo, è importante che gli equipaggiamenti esistenti, scelti con cura durante la progettazione dell'aereo e la sua costruzione, funzionino correttamente: il pilota normalmente ha molte cose a cui pensare; durante situazioni anormali, quando è sotto stress, è decisivo avere alcune certezze. Sarebbe bene che l'affidabilità dell'impianto elettrico fosse tra queste.

Quando parliamo di impianto elettrico diciamo qualcosa di riduttivo: con l'espressione "impianto elettrico" in realtà intendiamo riferirci a quel sistema che innanzitutto consente l'accensione del motore e poi l'alimentazione di tutto quanto è installato a bordo: luci, strumenti, avionica, flaps, pompa, ecc...

La batteria.

Ogni impianto elettrico moderno è dotato almeno di una batteria principale. Raramente gli aeroplani amatoriali sono muniti di doppia batteria, ciascuna delle quali consenta l'avviamento del motore (cranking battery). Spesso invece, accanto ad una batteria principale, esistono batterie cc.dd. tampone; esse sono usate per alimentare autonomamente alcuni degli strumenti, nell'eventualità che la batteria primaria fosse inutilizzabile durante il volo oppure per sgravarla da un eccessivo assorbimento. La batteria consente l'avviamento del motore e l'alimentazione degli apparati di bordo.

L'alternatore.

Quasi ogni impianto è poi dotato di un alternatore (o di un generatore), cioè di un apparato che consente di produrre corrente, trasformando l'energia cinetica del motore in energia elettrica. Con tale energia, si alimentano gli apparati di bordo senza scaricare la batteria e, con l'eccedenza, si ricarica la batteria stessa, utilizzata appunto per l'accensione.

Schema: primi cenni.

L'impianto elettrico può essere paragonato ad un acquedotto che, nel suo schema basilare, è articolato come segue: la corrente parte dalla batteria e raggiunge un punto comune di alimentazione dal quale i vari apparati prelevano l'energia. Questo punto in comune è costituito da una barra di metallo, chiamata in inglese "main bus bar". Dalla main bus bas partono tanti conduttori elettrici quante sono le utenze: questi conduttori, come dice il termine, conducono energia elettrica (nel linguaggio comune: il polo positivo). Ciascuna delle utenze è poi collegata alla struttura in metallo dell'aeroplano, e cioè alla massa (nel linguaggio comune: il polo negativo): quando l'utenza è in funzione, l'energia è "prelevata" dalla batteria e distribuita fino all'apparato; il circuito chiuso, e cioè il collegamento dell'apparato anche alla massa, consente il ritorno del flusso elettrico al polo negativo della batteria.

Interruttori.

A) Switches.

Dunque, batteria, alternatore, barra di alimentazione ed utenze. C'è qualcosa che manca! Mancano innanzitutto gli interruttori (in inglese: switch): altrimenti, appena accenderemmo il "quadro" tutte le utenze si attiverebbero, il che, si intuisce, non deve accadere. Gli interruttori sono normalmente del tipo a leva (lever). Ne esistono però di diversi tipi, come quelli a bottone o a pulsante rettangolare o anche con azionamento a chiave. A prescindere dalla forma che ne consente l'azionamento, il concetto è che l'interruttore ha la funzione di collegare o disconnettere un circuito elettrico: solo quando il circuito è collegato, la corrente transita e l'utenza può funzionare.

Nel nostro impianto elettrico, cominciamo quindi dall'interruttore primario, e cioè da quello che "attacca" e "stacca" la batteria. Questo interruttore è chiamato "master" o "master batteria" e normalmente è collocato a sinistra, sul pannello, vicino alla chiave o all'interruttore di avviamento. Azionando questo interruttore, viene attivato il "polo positivo" della batteria, nel senso che l'interruzione tra il terminale positivo della batteria e la restante parte dell'impianto è eliminata mediante un collegamento metallico, una specie di ponte. E' come se in un acquedotto urbano aprissimo la saracinesca principale della cisterna: l'acqua sarebbe libera di percorrere l'acquedotto fino ad arrestarsi sulle valvole dei rubinetti di ciascuna casa. Azionato l'interruttore principale, la corrente si distribuisce fino alla barra primaria (main bus bar).

Anche le singole utenze sono dotate di interruttori: finché non sono attivati anche gli interruttori delle singole utenze, la corrente si arresta alla barra di alimentazione ed è presente nell'impianto solo virtualmente. Pensiamo al master primario ed all'interruttore di ciascuna utenza come rispettivamente all'interruttore generle del quadro elettrico di casa ed all'interruttore della luce in ciascuna stanza: se non attiviamo l'interruttore generale, spingere il pulsante della luce in una stanza non avrebbe alcun effetto. Attivato l'interruttore generale, allora la corrente arriva alla presa di ciascuna stanza ed inserire una spina nella presa o azionare l'interruttore della luce consente all'elettrodomestico o alla lampadina di funzionare.

B) Breakers e fusibili.

Per rimanere al paragone con la casa, occorre introdurre un altro concetto: cosa accade se inseriamo le dita nella presa? Prendiamo la scossa e, subito dopo, salta l'interruttore generale. Tutto questo grazie al "salvavita". Ma che cosa è successo? Cos'è il salvavita? Il salvavita è un meccanismo che "stacca" la corrente quando riscontra un assorbimento anomalo, il che può essere dato ad esempio da un c.d. corto circuito. Anche gli aeroplani hanno un meccanismo che consente di raggiungere lo stesso risultato; a tale scopo, esistono i "breakers". Breaker sta per interruttore. Ma con questo termine non intendiamo l'interruttore di cui abbiamo parlato prima, e cioè della semplice leva che attiva o disattiva l'utenza (il switch). Col termine "breaker" intendiamo un interruttore automatico, che disattiva un'utenza al ricorrere di certe condizioni. Per il momento basta fermarsi a questo concetto: quando l'assorbimento è eccessivo, il breaker interrompe il circuito, togliendo così la corrente all'utenza. L'utenza non funziona più, ma la linea elettrica tra la barra e l'utenza stessa è disattivata, evitando l'insorgere di problemi più gravi, come ad esempio la combustione del cavo.

La stessa funzione del breaker è svolta dal fusibile. La differenza è che quando il breaker si attiva, e cioè il circuito viene interrottto, il breaker non si rompe, potendo essere ripristinato (i.e.: riattivato); quando il fusibile "lavora", invece, diventa inutilizzabile, proprio perchè la sua funzione è svolta per mezzo della fusione di un conduttore interno, di sezione inferiore a quello del conduttore da proteggere. Un paragone calzante può essere fatto con la lampadina ad incandescenza: quando si brucia, il filamento si rompe ed il collegamento tra i due terminali del circuito (positivo e negativo) si interrompe irrimediabilmente.

Schema: cenni ulteriori.

In un aeroplano ottimale, ogni utenza è protetta da un breaker. Ogni utenza inoltre ha il proprio interruttore (switch). Ne deriva pertanto che, per ogni utenza, tra la barra di alimentazione ed il cavo che conduce l'elettricità all'utenza sono presenti due apparati: un breaker ed un interruttore. Il breaker "sorveglia" la corretta alimentazione dell'utenza, o meglio, controlla il carico del cavo elettrico di alimentazione dell'utenza. L'interruttore (switch) invece consente di attivare e disattivare l'utenza stessa, senza svolgere altre funzioni.

Capito quanto precede, abbiamo capito la gran parte dell'impianto elettrico di un aeroplano: il resto sono specificazioni di concetti già esposti. Riassumendo, quindi, l'impianto elettrico base del nostro aereo sarà così strutturato: una batteria, un cavo che collega il polo positivo della batteria alla barra di alimentazione, un alternatore collegato a questo cavo, un interruttore per l'attivazione della corrente dalla batteria, una barra di alimentazione, uno o più breakers con un terminale ciascuno collegato a questa barra, un interruttore collegato all'altro terminale di ciascun breaker ed un cavo elettrico che dal terminale libero dell'interruttore conduce a ciascuna utenza.


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 Il pannello (da zero ad infinito) (5 febbraio 2012). Minimize

 

Il pannello (da zero a infinito).

Batteria ed alternatore.

Ai fini della progettazione dell'impianto elettrico del nostro aereo è importante determinare la capacità della batteria e, soprattutto, dell'alternatore. Se non si trattasse di un aereo, l'operazione sarebbe relativamente semplice: basterebbe installare una batteria ed un alternatore di elevata capacità, per essere sicuri di disporre dell'energia necessaria in tutte le fasi del volo, senza necessità di effetture calcoli particolari. Trattandosi di un aereo, però, non è così semplice: l'aereo può definirsi come un sinonimo della parola "compromesso". Le prestazioni di un aereo derivano da una serie di compromessi, primi tra tutti quello sul peso: più si è pesanti, meno efficiente è il motore a parità di potenza disponibile, maggiore la corsa di decollo, peggiore il rateo di salita, minore il carico utile, maggiori i consumi, minore la manovrabilità, ecc... Perciò, devono essere installati una batteria ed un alternatore di capacità adeguata ma non esagerata.

Per determinare quale sia la capacità adeguata del nostro alternatore, dobbiamo sapere grosso modo quale batteria e quali e quanti apparati elettrici installare a bordo. Per gli autocostruiti di piccole dimensioni, la scelta è fra 3 principali alternatori: 20 amperes, 40 amperes e 60 amperes. Generalmente, quello da 60 amperes è più che sufficiente, tenendo però presente che per essere longevo l'alternatore non deve operare continuamente per più del 75% della sua potenza nominale (quindi, un alternatore da 60 amperes può erogare continuamente 45 amperes). Occorre inoltre tenere presente che un aereo acceso con tutte le utenze spente non consuma zero, ma pur sempre qualcosa: ad esempio l'interruttore della batteria, che consuma circa 1 amperes, e la stessa batteria, che subito dopo l'accensione reclama di essere ricaricata, arrivando anche a chiedere 30 amperes (c'è però da dire che la batteria, anche se sfruttata molto per l'accensione – 20 cicli: parlo per esperienza diretta – si ricarica abbastanza rapidamente, nel senso che nel periodo tra l'accensione ed il decollo, su un aereo come l'RV con una Odyssey PC680 da 17 amperes/ora, il consumo per la ricarica diminuisce sotto i 15 amperes). Perciò, a meno di aerei superaccessoriati, un alternatore da 40 amperes dovrebbe essere sufficiente.

Per determinare quale sia la batteria adatta, si ricorre generalmente al manuale di costruzione ed ai suggerimenti del progettista. Questi suggerimenti tengono conto del fabbisogno per l'accensione, che è la fase più gravosa per la batteria, arrivando anche a sfiorare i 300 amperes. Tuttavia, in funzione dell'uso dell'aereo, potrebbe essere necessario aumentare la capacità della batteria, come ad esempio se si richiedesse l'alimentazione delle utenze primarie per almeno 30 minuti in caso di avaria all'alternatore (prescrizione richiesta per la certificazione IFR, ad esempio).

Gli apparati di bordo.

Quando parliamo di apparati, possiamo dividerli in alcune categorie:

  • equipaggiamenti per la conduzione del volo;

  • equipaggiamenti per la navigazione;

  • strumenti per il controllo dei parametri del motore;

  • equipaggiamenti di emergenza.

La quadripartizione che precede può essere sintetizzata come segue: durante un volo, dobbiamo sapere dove siamo, dove stiamo andando e come ci stiamo andando. Inoltre, dobbiamo poter comunicare quanto precede agli altri e sapere le analoghe intenzioni degli altri aeromobili.

La prima cosa da fare quindi è stabilire cosa vogliamo o dobbiamo installare. A sua volta, questo dipende principalmente dall'impiego che dell'aereo vogliamo fare. Nella stragrande maggioranza degli aerei autocostruiti, questo impiego corrisponde al volo diurno a vista con contatto visivo col suolo in condizioni non note di ghiaccio. In breve, e semplificando un po', con il volo VFR.

Equipaggiamenti minimi per il volo VFR.

Nel volo VFR (diurno, con contatto visivo col suolo) abbiamo bisogno, in condizioni di normalità e secondo quanto prescrive l'ENAC (Regolamento Titolo III – Esercizio - Capitolo C – Equipaggiamenti e requisiti operativi per velivoli; Circolare NAV 4F), veramente di poco: anemometro ed altimetro, per conoscere la nostra velocità e la nostra quota; la bussola, per seguire una rotta precedentemente pianificata; l'orologio, per programmare la durata delle tratte durante il volo. A parte l'orologio, gli altri strumenti, a meno che non siano illuminati, non richiedono energia elettrica per operare. Cionondimento dobbiamo tenerli presente per la nostra pianificazione, perché potremmo decidere di installare l'equivalente strumento elettronico. Sul punto torneremo a breve.

Abbiamo inoltre bisogno di alcune indicazioni sui parametri del motore, per impostare correttamente la salita, la crociera e la discesa. Questi parametri cambiano a seconda dell'impianto motopropulsore che decideremo di installare. L'installazione più semplice è quella di un unico motore alternativo con elica a passo fisso. In questo caso avremo bisogno di conoscere solamente il numero dei giri del motore. Anche in tal caso possiamo usare uno strumento tradizionale, di tipo meccanico, oppure uno strumento elettronico.

Ancora, abbiamo bisogno di conoscere alcuni dati che ci permettano di gestire in sicurezza il volo, vuoi per scongiurare problemi alla struttura, vuoi per assicurarsi che il motore e l'alimentazione delle utenze indispensabili funzionino regolarmente, vuoi ancora per renderci visibili agli altri: ecco allora che emerge l'utilità della sonda della temperatura esterna dell'aria, del voltmetro (o dell'amperometro), della pressione e della temperatura dell'olio del motore, del livello e della pressione del carburante e delle luci anticollosione. Utenze che, per lo più, richiedono energia elettrica per funzionare e nemmeno poca (es.: le luci anticollisione).

Dobbiamo poi poter comunicare con gli altri e ricevere informazioni dagli altri mentre siamo in volo: perciò, è indispensabile installare una radio di comunicazione (in gergo COMM). La radio è necessariamente un apparato elettrico; il suo consumo è in alcuni momenti consistente. Qualora l'aereo operi in spazi aerei controllati, è necessario inoltre l'uso del transponder, altro strumento elettrico.

Infine, è necessario che l'aereo sia dotato di cinture e bretelle per pilota e passeggeri, di un sistema per convogliare aria calda al carburatore (per i motori a carburatore), di una cassetta di pronto soccorso e di un estintore a mano.

Naturalmente, per alimentare gli apparati che ne hanno bisogno è indispensabile una batteria e, nella quasi totalità dei casi, un alternatore o un generatore. La necessità, negli aeroplani di oggi, di avere un alternatore deriva dal fatto che è obbligatorio installare sull'aereo le luci anticollisione e la radio, che assorbono una certa quantità di energia: sarebbe quindi difficile, anche se non impossibile, gestire un aeroplano dotato della sola batteria: la batteria dovrebbe essere ricaricata molto spesso e, forse, avremmo anche delle limitazioni sulla durata del singolo volo. A meno che non si decida di lasciare spente le luci anticollisione e di non comunicare, durante il volo. Opzione percorribile, ma a fronte di un sacrificio che non compensa le controindicazioni dell'installazione di un alternatore.

Quali equipaggiamenti sono veramente indispensabili?

Gli equipaggiamenti che precedono danno l'idea di come quasi nulla sia veramente indispensabile per il volo VFR e spiega come mai nei primi decenni del secolo scorso si sia volato senza morire in occasione di ogni volo avendo quasi nulla a bordo. Volendo semplificare ulteriormente, anzi – ed è questo il caso di parecchi "ulmisti" (cioè dei piloti di ultraleggeri) – non servono nemmeno le poche cose menzionate, se si naviga completamente a vista e non si ha bisogno di comunicare a chicchesia informazioni sul nostro volo: servirebbero solamente l'anemometro e l'altimetro. Estremizzando, potremmo limitare gli strumenti per la conduzione del volo al solo altimetro, visto che parecchi ritengono di sentire l'aeroplano "col culo" e di non aver quindi bisogno dell'anemometro.

La realtà però è un'altra e quando si vola frequentemente si capisce come molte cose utili diventino decisive per la conduzione in sicurezza di un volo, specialmente quando il volo devia dalle condizioni di normalità. In una giornata magnifica, senza nubi né vento, un volo di mezz'ora non richiede quasi nulla: si gira la chiave, si guarda fuori e si va. Ma cosa succede se si formano delle nubi basse o se sale la foschia, se monta il vento e dobbiamo dirottare per un alternato, se ci accorgiamo che il carburante scarseggia, e così via. Andare in volo è semplicissimo. Tornare a terra interi un po' meno. Tanto più se intendiamo volare e vivere a lungo.

Ecco allora che quanto indicato dalla legge come obbligatorio è solo il minimo e che è opportuno installare anche altro, specie tenuto conto dei progressi nel campo dell'elettronica e della relativa economicità di apparati che assommino le utilità una volta fornite da un intero pannello: mi riferisco ad esempio agli EFIS (electronic flight instrument system) ed agli EMS (engine monitor system).

Così, all'elenco che abbiamo già fatto, è quasi doveroso aggiungere un variometro ed un girodirezionale. Il variometro è uno strumento che costa poco e che si usa molto. Il girodirezionale consente di effettuare le virate senza usare la bussola, la quale è notoriamente poco adatta per effettuare virate precise (bisogna infatti anticipare o ritardare la rimessa a seconda della direzione in cui si naviga).

Strumenti analogici o elettronici?

A questo punto dobbiamo effettuare una scelta di campo: pannello elettronico, tradizionale o misto? L'utilità di un pannello elettronico è considerevole: non solo gli EFIS forniscono ulteriori informazioni elaborando gli stessi dati forniti dagli strumenti tradizionali (es.: visualizzano immediatamente la velocità vera all'aria, interpolando i dati della temperatura esterna dell'aria con quelli dell'anemometro), ma consentono di ottenerne numerosi altri a parità di spazio occupato sul pannello, semplicemente aggiungendo sonde o collegamenti con altri apparati (es.: se l'EFIS è collegato ad un magnetometro, fornisce indicazioni costantemente aggiornate sulla prua magnetica, operando come una girobussola; se è collegato ad un GPS, indica anche la velocità al suolo, la direzione e l'intesità del vento, eliminando la necessità del basso passaggio sulla pista per verificare la pista in uso). Nulla di indispensabile, per carità; ma molte cose utili, sì.

D'altra parte, a mio parere l'immediatezza degli strumenti analogici è imbattibile. Ne è la dimostrazione il fatto che, nonostante abbia sul mio aereo l'EFIS davanti a me, continuo a decollare ed atterrare usando l'anemometro analogico collocato leggermente sulla mia destra. E, confesso, anche il variometro analogico. Ciononostante, per me l'EFIS è utilissimo perché ha la girobussola e perché mostra le radiali sotto forma di HSI sulla stessa rosa della girobussola, eliminando trasposizioni complicate.

Anche l'EMS è utile: oltre alle indicazioni sui giri del motore e sulla pressione e temperatura dell'olio, può essere impostato per mostrare le temperature dei cilindri (CHT) e dei gas di scarico (EGT), della temperatura dell'aria nel carburatore, della percentuale di utilizzo del motore e dei cavalli erogati, del tempo totale di accensione e di funzionamento ragguagliato al regime di crociera, ecc... Anche qui, nulla di indispensabile. Ma tutto molto utile.

Quanta "roba" installare?

A) Il minimo, ma giusto.

La decisione finale sul proprio pannello non è semplice e dipende dall'uso in concreto che si vuole fare dell'aereo. C'è aereo da turismo ed aereo da turismo: nella gran parte dei voletti domenicali, almeno secondo la mia esperienza, si va a mangiare presso l'aviosuperficie di turno a 20/30 minuti dalla propria pista. Ecco, in questo caso serve veramente poco per il volo e, anche volendo progettare un pannello adeguato, sarebbe difficile giustificare l'installazione di molto altro rispetto ad un anemometro, un altimetro, un variometro, una bussola, un girodirezionale ed indicatori dei giri, della temperatura, della pressione dell'olio, del livello del carburante ed una radio.

Per un aereo di questo tipo, volendo optare per un pannello elettronico, sarebbe molto più che sufficiente installare un EFIS/EMS combinato (come ad esempio il sistema SkyView della Dynon: un unico schermo da 7 o da 10 pollici) ed una radio. Oltre ad un piccolo grande amico che finora non abbiamo menzionato e che si chiama GPS, per tutti utile e per molti, nonostante dicano il contrario, purtroppo indispensabile. Trattandosi poi di un aeromobile, è quasi indispensabile avere anche un transponder (modo A e C), a meno di rinunciare ad attraversare tutti gli spazi aerei controllati.

Un pannello di questo tipo consente un'adeguata navigazione ad un prezzo relativamente contenuto, a fronte di un'affidabilità limitata, solo parzialmente migliorabile dotando lo strumento elettronico di una batteria tampone (per un modico sovrapprezzo). Non bisogna sottovalutare che con l'installazione dell'EFIS ci si è garantiti anche l'indicazione dell'assetto, che può tornare utile in condizioni particolari (non necessariamente IMC: si pensi alla foschia o al volo sul mare, dove è facile confondere l'acqua con il cielo). Un pannello di questo tipo – esuberante per il voletto della domenica – costa dai 9.000 ai 12.000 Euro, a seconda della dimensione dello schermo, dell'opzione sull'acquisto di una batteria tampone e del tipo di GPS che si intende acquistare e comprende tutte le sonde per un motore aeronautico a 4 cilindri (CHT, EGT, temperatura dell'olio e del carburatore, pressione dell'olio e del carburante). Il costo comprende tutta l'avionica nuova, ad eccezione del GPS, che nella fascia base del preventivo sarebbe usato (un Garmin 296, per la precisione).

B) Ogni meglio è meglio.

Per piloti più esigenti, che contano di effettuare voli anche all'estero o comunque superiori ad un'ora, può essere utile aggiungere una seconda radio e l'autopilota, almeno sull'asse di rollio. La seconda radio può aiutarvi in caso di bisogno: tutto quello che non è montato sull'aereo può essere supplito dal Controllo, che vi può dare prua e quota per giungere a destinazione. Ma se non riuscite a comunicare come fate? L'autopilota serve per ridurre il carico di lavoro e consentirvi di studiare le carte o le procedure o anche solo pr riposare durante il volo. Montando la seconda radio, la scelta più logica sarebbe contemplare un apparato dotato di ricevitore VOR. Se la premessa è la navigazione di medio raggio, esserne sprovvisti non significherebbe perdersi (c'è sempre il GPS), ma rendere più difficoltosa la navigazione. Purtroppo, la famosa SL30 della Garmin non è omologata, come radio di comunicazione, in Italia. Perciò, volendo una ricevente VOR, si deve dirottare su altre marche, come ad esempio la KING, col suo KX-155 (che però costa nuovo 4.375 dollari, escluso l'indicatore). Con l'autopilota invece si è più fortunati: disponendo già di un sistema SkyView della Dynon, è sufficiente acquistare il servo ed il kit di installazione, per un totale di 800 dollari. La seconda radio potrebbe portare anche all'acquisto di una centralina audio, che ha un costo contenuto. La centralina consente anche di ascoltare i codici morse delle stazioni, che per voli VFR "avanzati" o per inserimenti IFR può essere utile. Altrimenti, è anche possibile installare un sistema semplice ed economico per il cambio della radio di comunicazione e per l'intercomunicazione col copilota. Ma non credo che il gioco valga le poche centinaia di euro per una media centralina, anche in vista di una possibile rivendita dell'aereo.

Qui si dovrebbero fermare le persone dotate di buon senso, perché andando oltre il costo si amplificherebbe e lo sfruttamento degli ulteriori apparati sarebbe comunque sporadico. Perciò, bisognerebbe riflettere bene prima di intraprendere la decisione di accessoriare ulteriormente il proprio aeroplano. Una vecchia regola americana è quella del "keep it simple", riassunta anche dal più ampio acronimo KISS, che sta per "keep it simple and stupid". Più strumentazione vuol dire più soldi, più peso e più tempo per costruire l'aereo: se non è proprio necessaria, lasciate perdere.

C) Lasciamoci prendere la mano.

A proprio voler concedere, il valore aggiunto potrebbe essere dato da un DME, che ha un costo limitato e che consente, insieme ad un VOR, di determinare facilmente la propria posizione in modo attendibile e da un transponder modo S, che mi pare sia obbligatorio in Germania e che prima o poi lo diventerà anche da noi.

D) Abbiamo esagerato. Davanti a noi c'è solo l'infinito.

Volendo invece strafare, si possono montare un ADF ed un secondo VOR.

Per essere autorizzati ai voli IFR diurni, in condizioni VMC (il massimo che possa essere consentito ad un autocostruito, in Italia), la situazione si complica enormemente. Oltre agli strumenti sopra indicati, sono necessarie le luci interne ed esterne ed il rispetto di una serie di prescrizioni che possono trasformare la costruzione in un incubo. Parlo con cognizione di causa, perché il nostro aereo è abilitato al volo IFR ed è, credo, l'unico autocostruito in Italia ad esserlo. Il che mi avrebbe dovuto far intuire qualcosa... Giusto un assaggio: pitot riscaldato, secondo anemometro, secondo altimetro, selettore del carburante con protezione contro la chiusura accidentale, messa a massa di tutte le superfici mobili, sistema di aria calda al carburatore che garantisca un incremento di 50° Celtius ad una temperatura esterna di 0° Celtius, capacità dell'impianto elettrico di garantire l'alimentazione delle utenze essenziali per il volo per almeno 30 minuti, con l'alternatore/generatore non funzionante

E) Torniamo con i piedi sulla terra.

Dovessi costruirmi un secondo aereo, diciamo più sportivo, da aggiungere all'RV9 per i voli a corto raggio e acrobatici, penserei solamente ai seguenti strumenti: EFIS/EMS (che include il G-metro, tra l'altro) con batteria tampone, radio di comunicazione, transponder (usato) modo A e C. Oltre ad un GPS portatile, da montare con una staffa nel posto più comodo. Niente di più. Che poi è il pannello descritto in principio: quello dei peones della domenica. Quello col miglior rapporto qualità/tempo/prezzo/impiego.


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 Dimpling - Countersinking dimpling Minimize

DIMPLING (IMBUTITURA)

Il dimpling consiste nel lavorare il materiale intorno al foro in modo da spingerlo verso il basso. Così facendo, la testa del ribattino poggia allo stesso livello della superficie del lamierino. Il dimpling può essere effettuato quando lo spessore di ciascun lamierino è pari o inferiore a 0.032'' (nell'RV, gli spessori tipici sono 0.016'', 0.020'', 0.032'', 0.040'', 0.063'').

Nel disegno a lato, entrambi i lamierini sono imbutiti.

COUNTERSINKING

Il countersinking invece si effettua quando lo spessore del lamierino è troppo elevato per consentire l'imbutitura. Sebbene lo spessore teorico minimo per il countersinking sia di 0.032'' (coincidente con lo spessore massimo dell'imbutitura), è bene non effettuarlo se il lamierino non è spesso almeno 0.040''. Con questa operazione, il materiale è letteralmente rimosso per creare l'alloggiamento del ribattino.

Nel disegno a lato, il lamierino superiore ha ricevuto il countersink. Il lamierino inferiore non ha invece ricevuto alcun trattamento, dal momento che, non essendo stato imbutito quello superiore, non si è posto il problema di "assecondare" il maggior spessore che ne sarebbe derivato.


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 Determinare la lunghezza del ribattino Minimize

Ecco un comodo strumento per calcolare il corretto ribattino nei pochi casi in cui ciò non dovesse essere indicato nei piani: www.aclog.com/rivetsizer/rivetSizer.php


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 Calcolare la resistenza per antenna installata. Minimize

Per ora mi limito a riportare quanto ho scritto a chiosa di un intervento sul forum www.vansairforce.com, scopiazzando formule proposte da ingegneri ed applicandole bovinamente. Per effettuare il calcolo della perdita di velocità dell'aereo per l'antenna scelta, occorre conoscere la resistenza dell'antenna. La resistenza è indicata dagli stessi produttori (es.: Comant; Rami).

RV9A with O-320
Antenna RAMI AV-529 rated lbs. 3,43 drag @250 mph.

First of all, we have to determine drag @195 and @187 mph. (max and cruise 75% speeds)

Drag formula: Drag (lbs.) = (V*V*area*0,5)/56.403
Antenna area (sq. inch.) 3,43
So, [(250*250)*X*0,5]/56.403 = 3,43
And: (3,43*56.403)/31.250 = 6,1907932
This is RAMI AV-529 antenna area (useful for obtaining new drag @ different speeds)

I) V max. (195 mph.) @ sea level

Drag @ 195 mph. [(195*195)*6,1907932*0,5]/56.403 = 2,0868

Power req. = Speed * drag
Speed (ft./sec.) [195*5280 (ft/mile)]/3600 (sec/hour) = 286 (ft./sec.)
Power req. = 286*2,0868 = 596,8248 (lbs.-ft./sec.)
1 HP = 550 lbs.-ft./sec.
Req. HP: 596,8248/550 = 1,085136 HP
Propeller efficiency 80%: 1,085136/0,8 = 1,35642 engine HP

If we need 160HP to maintain 195 mph.: 160-1,35642 = 158,64358 engine HP available
Speed loss formula: [(engine HP av./engine HP)^(1/3)]*speed (mph.)
[(158,64358/160)^(1/3)]*195
[(0,991522375)^(1/3)]*195
0,997166*195 = 194,4473
195-194,4473 = 0,5527 mph. loss

II) V cruise 75% (187 mph.) @ 8000 ft.

Drag @ 187 mph. [(187*187)*6,1907932*0,5]/56.403 = 1,9191
Density alt. correction(79%): 1,9191*0,79 = 1,516

Power req. 286*1,516 = 433,576 (lbs.-ft./sec.)
HP req.: 433,576/550 = 0,78832 HP
Propeller efficiency 80%: 0,78832/0,8 = 0,9854 engine HP

If we need 120HP to maintain 187 mph.: 120-0,9854 = 119,0146 engine HP av.
[(119,0146/120)^(1/3)]*187
[(0,99178833)^(1/3)]*187
0,997255*187 = 186,4867
187-186,4867 = 0,5132

So, if the above calculations are right, we can say that on the given airplane such antenna makes airplane loose, at worst, between 0,51 and 0,55 mph.
It has a maximum Vswr 1.8:1, which means a max. loss of 12% signal.


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